Ago aspirato
In base alla conoscenza della Nuova Medicina riguardo al fatto che anche nel caso di un cancro si trova sempre la stessa formazione istologica nel medesimo punto dell’organo, diventano praticamente del tutto superflue delle prove mediante ago aspirato o escissione. In base alla nostra esperienza sappiamo che la TAC cerebrale può fornire dati più sicuri su una formazione istologica rispetto a una biopsia.
Un’escissione, nel caso di un osteosarcoma, costituisce quasi sempre l’inizio di una catastrofe, perché il liquido del callo che si trova sotto pressione si fa strada attraverso il periosto aperto versandosi nel tessuto circostante e li causa un enorme sarcoma.
Se non fosse stata fatta nessuna prova di escissione il tessuto circostante esternamente sarebbe stato “solo” gonfio perché il liquido fuoriesce attraverso il periostio ma non le cellule del callo. Avremo un processo, come nel caso di un reumatismo articolare acuto, che dopo un certo periodo di tempo regredisce spontaneamente.
L’aspirazione con l’ago può avere delle conseguenze fatali ad esempio dove viene aperto verso l’esterno un cosiddetto ascesso freddo del seno, cioè un adenocarcinoma della ghiandola mammaria nella fase post conflittuale. Appare quindi una secrezione tubercolotica maleodorante dal seno. Come nel caso dell’osteolisi in fase di riparazione che viene aperta e dove la fuoriuscita di callo può essere impedita momentaneamente con la chemio, va a finire perlopiù con l’amputazione, così anche nel caso del seno agoaspirato si arriva spesso all’amputazione.
Operazioni
Le operazioni eseguite sono in gran parte delle cosiddette operazioni tumorali. Sappiamo che tutte le necrosi dirette dal midollo cerebrale nella fase di riparazione danno dei tumori sin qui chiamati maligni (linfomi, osteosarcomi, cisti renali, cisti ovariche); per la Nuova Medicina sono tutti “tumori di riparazione”, cioè delle innocue proliferazioni cellulari che è consentito operare solo se causano un impedimento meccanico o se sono psichicamente inaccettabili al paziente.
Nei tumori diretti dal paleoencefalo abbiamo ancora bisogno del chirurgo proprio come abbiamo bisogno del cacciatore da quando non ci sono più lupi nel bosco: occorre distinguere esattamente, ad esempio quanto è grande il tumore intestinale, se si arrivasse alla soluzione del conflitto. Se il tumore è ancora relativamente piccolo si può ritenere che anche in assenza di TBC non si possono presentare delle complicazioni. Se però il tumore è grosso e in qualunque momento può causa una occlusione intestinale allora si deve valutare con molto attenzione se attendere la fase di riparazione.
Il caso sicuramente più favorevole per un’operazione chirurgica si ha quando il paziente si trova nella fase attiva, perché nella fase di riparazione l’anestesia presenta dei rischi più elevati a causa della vagotonia.
Nella Nuova Medicina si sono anche delle indicazioni chirurgiche, pure di tipo negativo, ad esempio una cisti ovarica o renale, che hanno un ritmo simile a quello di una gravidanza e hanno bisogno di nove mesi circa per indurirsi e per poter riprendere la funzione organica che spetta loro. In questi nove mesi non è consentito operare perché durante tale periodo le cisti sono cresciute a ridosso degli altri organi viscerali dove, in mancanza di un proprio sistema arterioso e venoso, si riforniscono temporaneamente del sangue necessario. Questo processo è stato mal interpretato come “crescita tumorale maligna infiltrante”. La prova si è avuta proprio quando dopo l’ablazione della ciste tali “parti tumorali” infiltrate continuavano a crescere per il resto dei nove mesi e in seguito dovevano essere operate di nuovo rivelandosi così come particolarmente maligne. Ma se lasciamo che trascorrano i nove mesi, allora le piccole cisti fino a 12 cm possibilmente non dovranno essere operate perché queste cisti assolvono la funzione della produzione ormonale, rispettivamente, per il rene, della eliminazione dell’urina, come appunto l’organismo prevede.
Tratto da “Il capovolgimento diagnostico, la genesi delle malattie e in particolare il cancro” del dott. Ryke Geer Hamer, Ed. “Amici di Dirk” Fuengirola, Spagna
Sostanze cancerogene?
Secondo Hamer non esiste alcuna prova dell’esistenza di sostanze cancerogene. Le argomentazioni a sostegno di questa tesi sono:
- non è possibile provocare tumori su organi le cui connessioni nervose con il cervello sono state tagliate (organi trapiantati)
- le sostanze inoculate agli animali per indurre il cancro non inducono nulla se non c’è l’intervento del cervello. Esse possono distruggere, avvelenare ma non indurre il tumore. Le radiazioni distruggono le cellule ma non provocano i tumori.
Metastasi e chemioterapia
Secondo la medicina ufficiale le cellule cancerogene migrano dal cancro primario per via arteriosa o linfatica; ma questa è solo un’ipotesi, mai dimostrata in laboratorio. Per di più il cancro al seno è una massa mentre il cancro alle ossa è una lisi: queste cellule tumorali devono essere molto intelligenti per modificarsi strada facendo! Secondo Hamer le metastasi sono nuovi conflitti provocati da nuovi choc conflittuali, provocati cioè dallo choc da diagnosi e prognosi mediche apparentemente ineluttabili. Il paziente cui viene diagnosticato il cancro, cioè viene preso dal panico del “brutto male che prolifera in modo anarchico e dal quale apparentemente non c’è scampo”, e “questo panico” sarebbe il nuovo choc all’origine di quelle che vengono chiamate metastasi: autosvalutazione, “non ho più alcuno valore”–> cancro alle ossa, paura di morire –> cancro ai polmoni, tutto mi crolla addosso –> patologia renale, mi sento ai margini della società –> patologia della pelle.
Secondo Hamer il 30% dei cancri operati, sono vecchi cancri senza pericolo. Se questo 30% è sottoposto a sedute di chemioterapia, una parte di questi subirà un nuovo conflitto di panico e morirà, ma coloro che non avranno vissuto un nuovo trauma emotivo (malgrado l’intervento e la chemioterapia che elimina il vecchio cancro incapsulato) certamente guariranno.
Tratto da: http://asac.multimania.com/, http://www.krebsinformation.de/
“La medicina sottosopra. E se Hamer avesse ragione?” di Giorgio Mambretti e Jean Séraphin ed. Amrita